Il mio Tolkien

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    Re di Arda, Signore del Respiro di Arda, Re dei Valar, Signore dell'Occidente, Signore delle Aquile.

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    Salve gente! Inauguro un nuovo topic in cui vi propongo un "gioco". Dall'uscita della nuova traduzione a cura di Ottavio Fatica c'è stato un gran dire sulle scelte stilistiche del traduttore. Io stesso mi trovo d'accordo su molte scelte, ma sono meno felice di altre. Ad ogni modo, si è manifestato un interesse per lo studio del testo originale che ha portato molti a proporre le proprie traduzioni di Tolkien. Dunque, perché non farlo anche qui? A discapito di equivoci, non è un intento polemico contro l'operato di Fatica (che apprezzo enormemente) né un atto di superbia tale da affermare di essere in grado di tradurre un'opera come il Signore degli Anelli. Semplicemente divertiamoci se vi va :)

    Inizio con il postare la mia versione della "Profezia di Grampasso" composta da Bilbo.

    Tolkien

    Alliata/Principe

    Manwe

    «All that is gold does not glitter,
    Not all those who wander are lost;
    The old that is strong does not wither,
    Deep roots are not reached by the frost.

    From the ashes a fire shall be woken,
    A light from the shadows shall spring;
    Renewed shall be blade that was broken,
    The crownless again shall be king.»

    «Non tutto quel ch'è oro brilla,
    Né gli erranti sono perduti;
    Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza
    E le radici profonde non gelano.

    Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
    L'ombra sprigionerà una scintilla,
    Nuova la lama ora rotta,
    E re quei ch'è senza corona.»

    «Non tutto quel ch'è oro splende,
    Né il tanto vagare ognun smarrisce;
    Il vecchio ch'è forte non si arrende,
    Né sulle radici profonde il gelo attecchisce.

    Dalle ceneri una fiamma sarà rinnovata,
    Una scintilla dall'ombre schioccherà;
    Sarà risanata la lama che fu spezzata,
    Il senza corona di nuovo re diverrà.»



    Premetto che l'ho realizzata stamattina tra le 4 e le 5, quindi potrebbe non essere il massimo! Comunque, a differenza dell'Alliata ho tentato di mantenermi più fedele alla struttura originaria con un sistema di rime "A-B-A-B" che si ripete in entrambe le strofe. L'ultima "B-B" in particolare l'ho resa con una assonanza/rima. Ho cercato di dare più scorrevolezza ai versi iniziali con un'anafora e la ripetizione dei "Né", ma la musicalità rimane comunque un disastro! Un difetto che non mi va giù: si perde l'immagine del "vecchio che non s'aggrinza", che è molto bella, ma tutto sommato la rima non mi dispiace.

    Edited by Manwë - 24/11/2019, 20:46
     
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    Poesia dello Spettro dei Tumuli



    Tolkien

    Alliata/Principe

    Manwe

    «Cold be hand and heart and bone,
    And cold be sleep under stone:
    Never mare to wake on stony bed,
    Never, till the Sun fails and the Moon is dead.
    In the black wind the stars shall die,
    And still on gold here let them lie,
    Till the dark lord lifts his hand
    Over dead sea and withered land.»

    «Fredda la mano e il cuore e le ossa,
    Freddo anche il sonno è nella fossa:
    Mai vi sarà risveglio sul letto di pietra,
    Mai prima che muoia il sole e la luna tetra.
    Nel vento nero le stelle anch'esse moriranno,
    Ed essi qui sull'oro ancora giaceranno,
    Finché l'oscuro signore non alzerà la mano
    Sulla terra avvizzita e sul mare inumano.»

    «Fredde la mano, il cuore e l'ossa,
    E freddo il sonno dentro la fossa:
    Neppiù risveglio sul letto petroso,
    Neppiù, finché Sole cada e la Luna trovi riposo.
    Nel vento nero le stelle morranno,
    E lor sull'or ancor giaceranno,
    Finché l'oscuro signore allunghi la mano
    Oltre il mar morto e l'arido piano.»



    Anche qui, l'unico precetto che mi sono posto è stato rispettare in tutto e per tutto il testo di partenza. Come sempre si perde in musicalità forse.

    Edited by Manwë - 25/11/2019, 15:00
     
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    Canto di Durin



    Tolkien

    Alliata/Principe

    Manwe

    «The world was young, the mountains green,
    No stain yet on the Moon was seen,
    No words were laid on stream or stone
    When Durin woke and walked alone.
    He named the nameless hills and dells;
    He drank from yet untasted wells;
    He stooped and looked in Mirrormere,
    And saw a crown of stars appear,
    As gems upon a silver thread,
    Above the shadow of his head.

    The world was fair, the mountains tall,
    In Elder Days before the fall
    Of mighty kings in Nargothrond
    And Gondolin, who now beyond
    The Western Seas have passed away:
    The world was fair in Durin's Day.

    A king he was on carven throne
    In many-pillared halls of stone
    With golden roof and silver floor,
    And runes of power upon the door.
    The light of sun and star and moon
    In shining lamps of crystal hewn
    Undimmed by cloud or shade of night
    There shone for ever fair and bright.

    There hammer on the anvil smote,
    There chisel clove, and graver wrote;
    There forged was blade, and bound was hilt;
    The delver mined, the mason built.
    There beryl, pearl, and opal pale,
    And metal wrought like fishes' mail,
    Buckler and corslet, axe and sword,
    And shining spears were laid in hoard.

    Unwearied then were Durin's folk;
    Beneath the mountains music woke:
    The harpers harped, the minstrels sang,
    And at the gates the trumpets rang.

    The world is grey, the mountains old,
    The forge's fire is ashen-cold;
    No harp is wrung, no hammer falls:
    The darkness dwells in Durin's halls;
    The shadow lies upon his tomb
    In Moria, in Khazad-dûm.
    But still the sunken stars appear
    In dark and windless Mirrormere;
    There lies his crown in water deep,
    Till Durin wakes again from sleep.»

    «Giovane era il mondo, e le montagne verdi
    Ancora sulla Luna macchia non era da vedervi,
    Nessuna parola su fiume o rupe eretta in aria,
    Quando Durin destatosi camminò in terra solitaria.
    Diede nome ad anonimi colli e vallate,
    Bevette da sorgive ancor mai assagiate;
    Egli si chinò per guardare nel Mirolago,
    E di una corona di stelle vide il contorno vago;
    Parean gemme incastonate in argento,
    Sulle ombre del suo bel capo intento.

    Bello era il mondo, ed alti i monti ignoti,
    Dei potenti re che son fuggiti via
    Da Nargothrond o Gondolin che sia
    Dai Mari Occidentali sull'altra sponda;
    Ai tempi di Durin la terra era gioconda.

    Era re su si un trono intarsiato
    Fra saloni dal gran colonnato;
    Sul capo i soffitti d'argento,
    Su porte le rune del potere, e d'oro il pavimento.
    Di sole, luna e stelle il bagliore infocato
    Nei lampadari lucidi di cristallo molato,
    Che sempre splendidi e imponenti brillavano,
    E che mai nubi ed ombre di notte offuscavano.

    Ivi colpiva l'incudine il martello,
    Ivi l'incisor scriveva, ed oprava lo scalpello;
    Ivi forgiata la lame ed all'elsa unita,
    Ivi minator scavava e murator costruiva con fatica.
    Ivi gemme perle ed opale iridescente,
    E metallo lavorato come maglie di rete incandescente.
    Ivi scudi e corazze, acse, spade e pugnali,
    E le trombe squillavano ai cancelli.

    Il popolo di Durin mai non si stancava;
    Sotto le montagne la musica suonava:
    Fremevano le arpe, cantavano i menestrelli,
    E le trombe squillavano ai cancelli.

    Il mondo è grigio e le montagne anziane,
    Nelle fucine, le fredde ceneri sono del fuoco un ricordo lontano.
    Nessun'arpa vibrante, nessun ritmo di martelli.
    Regna l'oscurità su miniere e castelli;
    Sulla tomba di Durin incombe fosca l'ombra,
    A Moria, a Khazad-dûm.
    Ma ancora appaiono le stelle morenti
    Nel Mirolago oscuro e senza venti.
    Là giace in abissi d'acque di Durin la corona,
    Lì si risveglierà, quando sarà giunta l'ora.»

    «Il mondo era giovane, verdi le alture,
    Né ancor della Luna s'eran viste le screziature,
    Non v'eran parole per fiume o ghiaia
    Quando Durin si svegliò e camminò in solitaria.
    Lui battezzò ignoti colli e zolle;
    Lui s'abbeverò da vergini polle;
    Si fermò poi sul Mirarastri e ivi si specchiò,
    E subitanea una corona di stelle lo cerchiò,
    Come gemme s'un filo d'argento,
    Oltre l'ombre tra il capo e il firmamento.

    Il mondo era giusto, le rupi imponenti,
    Nei Giorni Antichi prima dei morenti
    Re di Nargothrond ciascun potente
    E di Gondolin, ora assente
    Nei Mari Occidentali sprofondata;
    Il mondo era giusto in quella di Durin annata.

    Egli era re sul trono scolpito
    Nelle colonnate aule di granito
    Dal suolo d'argento e la dorata volta,
    E di rune gloriose incisa la porta.
    La luce del sole, le stelle e la luna
    In lampade lucenti di cristallo ognuna
    Non offuscate da nube o serale ombra
    Brillavano eterne e giuste come ambra.

    Là il martello sull'incudine batteva,
    Lo scalpello fendeva, e il cesello scriveva;
    Là la lama si forgiava, e l'elsa saldava;
    Là la vanga scavava, e l'opre s'alzava.
    Là erano berillo, perla, e pallido opale,
    E metallo lavorato come cotta lamellare,
    Scudi e corsetti, asce e spade,
    E lance lucenti non erano rade.

    Instancabile era di Durin la Gente;
    Una musica svegliò nella montagna silente:
    Gli arpisti suonavano, i menestrelli cantavano,
    E ai cancelli le trombe squillavano.

    Il mondo è grigio, vecchi i monti,
    I fuochi nella forgia ormai spenti;
    Né batte il martello, né arpa s'aude:
    L'oscurità abita di Durin le aule;
    Un'ombra avvolge la sua memoria
    A Khazad-dûm, a Moria.
    Ma ancora appaiono i sommersi astri
    Nel buio e placido Mirarastri;
    Là giace la corona nell'acqua profonda,
    Finché Durin si desti dalla sua tomba.»



    Questa mi ha letteralmente esaurito e probabilmente il risultato non è neanche un granché. Non sono riuscito a rendere perfetta la rima finale, né a trovare una soluzione migliore per i "dirupi lunari" che sarebbero dovute essere delle semplici "macchie".

    Edited by Manwë - 27/11/2019, 00:31
     
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    Mi sembra tutto ben fatto. Una volta avrei ricercato anche io un effetto simile, ora son più per abbandonare metrica/rime etc. per andare al sodo, e quindi cercare di trasmettere le medesime sensazioni. O comunque non sacrificarle ad aspetti più "formali" e distaccati, anche per quello che è poi in fondo l'arte, cioè trasmissione/comunicazione. E' anche vero che la mancanza di rime etc influenza anche le sensazioni che ne derivano, però penso che il criterio di scelta debba essere improntato sulla comunicazione e non sulla forma in quanto tale.

    Edited by Nym Moondown - 15/1/2020, 08:27
     
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    Grazie, in effetti si tratta di stili traduttuvi differenti e tutto si riduce ad una questione di gusti, personalmente non disprezzo nessuna delle due metodologie. Per quanto mi riguarda ho cercato di mantenere gli schemi originali per riuscire ad avere un'idea di come effettivamente si presenterebbero le poesie, anche se magari la musicalità ne risente. Tuttavia devo dire che sono abbastanza soddisfatto del Canto di Durin e la Poesia dei Tumuli :D
     
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    Una festa a lungo attesa



    Quando il Sig. Bilbo Borsini1 di Fondo Borsa2 annunciò che avrebbe presto celebrato il suo undicentunesimo compleanno con una festa particolarmente sfarzosa, ci furono un gran parlare e molto eccitamento ad Hobbittà3.
    Bilbo era molto ricco e molto peculiare, ed era stato la meraviglia della Contea per sessant'anni, sin dalla sua straordinaria sparizione e il ritorno inaspettato. Le ricchezze che aveva riportato dai suoi viaggi erano diventate col tempo una leggenda locale, ed era comunemente ritenuto, nonostante quello che potessero dire gli anziani, che il Colle4 a Fondo Borsa fosse pieno di corridoi colmi di tesori. E se ciò non fosse stato abbastanza eclatante, c'era anche il suo vigore prolungato di cui meravigliarsi. Il tempo passava, ma sembrava avere poco effetto sul Sig. Borsini. A novant'anni era quasi lo stesso che a cinquanta. A novantanove iniziarono a definirlo ben-conservato; ma con immutato ci sarebbero andati più vicino. C'era chi scuoteva la testa pensando che non se ne sarebbe ricavato nulla di buono da quella fortuna sfacciata; sembrava ingiusto che qualcuno potesse godere di una giovinezza (apparentemente) perpetua così come di una salute (evidentemente) inesauribile.
    "Toccherà pagarla," dicevano. "Non è naturale, e sarà fonte di guai!"

    Ma fino a quel momento guai non ce n'erano stati; e dato che il Sig. Borsini era generoso con il suo denaro, la maggior parte della gente era ben disposta a perdonargli le sue stranezze e la buona sorte. Era rimasto in buoni rapporti con i suoi parenti (tranne, ovviamente, i Sacchini-Borsini5), e contava molti ammiratori devoti tra gli hobbit di famiglie povere e umili. Ma non aveva amici stretti, almeno finché alcuni dei suoi cugini più giovani iniziarono a crescere.
    Il maggiore di loro, e il preferito di Bilbo, era il giovane Frodo Borsini. A novantanove anni Bilbo adottò Frodo come suo erede, e lo portò a vivere a Fondo Borsa; e le speranze dei Sacchini-Borsini andarono in fumo una volta per tutte. Guarda caso Bilbo e Frodo festeggiavano il compleanno lo stesso giorno, il 22 Settembre. "Faresti meglio a venire a vivere qui, mio caro Frodo," disse Bilbo un giorno; "così potremo comodamente festeggiare i nostri compleanni insieme." A quel tempo Frodo era ancora nel suo ventino6, come gli hobbit chiamavano l'irresponsabile ventennio tra l'infanzia e la maggiore età raggiunta a trentatré anni.

    Altri dodici anni passarono. Ogni anno i Borsini diedero delle animatissime feste di compleanno combinate a Fondo Borsa; ma ormai si era capito che qualcosa di veramente eccezionale era in programma per quell'autunno. Bilbo avrebbe compiuto undicentuno anni, 111, un numero piuttosto curioso, e un'età oltremodo rispettabile per uno hobbit (lo stesso Vecchio Tuc7 ne aveva raggiunti solo 130); e Frodo ne avrebbe compiuti trentatrè, 33, un numero importante: la soglia della "maggiore età".
    Le lingue iniziarono a fremere a Hobbittà e Acquariva8, e la voce dell'imminente evento viaggiò attraverso tutta la Contea. La storia e il carattere del Sig. Bilbo Borsini divennero ancora una volta il principale argomento di discussione; e improvvisamente i più anziani videro i loro aneddoti venir richiesti con interesse.
    Nessuno aveva un pubblico più attento del vecchio Rolo Bambace9, comunemente noto come il Compare10. Sproloquiava al Cespo d'Edera, una piccola locanda sulla strada per Acquariva; e parlava con una certa autorità dato che si era preso cura del giardino a Fondo Borsa per quarant'anni, e aveva aiutato il vecchio Foromo11 nello stesso lavoro prima. Ora che anche lui stava invecchiando e le sue articolazioni si irrigidivano, il lavoro era per lo più condotto dal suo figlio più giovane, Sam Bambace. Sia padre che figlio erano in rapporti molto amichevoli con Bilbo e Frodo. Anche loro vivevano sul Colle, al Numero 3 di Via Borsotto12 appena sotto Fondo Borsa.
    "Un gentilhobbit veramente ammodo e per bene il Sig. Bilbo, come ho sempre detto." Dichiarò il Compare. Era la perfetta verità: Bilbo era molto cortese con lui, lo chiamava "Mastro Casarolo", e lo consultava costantemente sulla coltura degli ortaggi – in materia di "radici", specialmente patate, il Compare era riconosciuto come la massima autorità da tutto il vicinato (incluso se stesso).
    "Ma che ne dici di questo Frodo che vive con lui?" chiese Vecchio Rovere13 di Acquariva. "Fa Borsini di nome, ma più che per metà è un Bottebecco14, dicono. Mi sfugge il motivo per il quale un Borsini di Hobbittà debba andare a cercare moglie fino a Lanbecco15, dove la gente è così strana."
    "E non c'è da meravigliarsi che siano strani," s'intromise Babbo Duepiedi16 (il vicino di casa del Compare), "dato che vivono sulla sponda sbagliata del Fiume Bottevino17, proprio addosso alla Vecchia Foresta. È un posto brutto e oscuro, se la metà delle storie che si sentono sono vere."
    "Hai ragione, Babbo!" disse il Compare. "Non che i Bottebecco di Lanbecco vivano nella Vecchia Foresta; ma sono una strana prole, sicuro. Scorrazzano con le barche per quel grande fiume – e questo non è naturale. Non c'è da meravigliarsi che poi ne vengano guai, dico io. Ma ad ogni modo, il Sig. Frodo è il giovane hobbit più ammodo che possiate conoscere. Assomiglia molto al Sig. Bilbo, e non solo nell'aspetto. Dopotutto suo padre era un Borsini. Uno hobbit discreto e rispettabile il Sig. Drogo Borsini; non c'è mai stato molto da dire sul suo conto, finchè non è affocato."
    "Affocato?" dissero diverse voci. Avevano già sentito questa e altre dicerie ben più oscure prima, ovviamente; ma gli hobbit hanno una passione per le storie di famiglia, ed erano ben disposti ad ascoltarle più volte.
    "Be', così dicono," disse il Compare. "Vedete: il Sig. Drogo, lui ha sposato la povera Sig.ra Primula Bottebecco. Lei era cugina di primo grado del Sig. Bilbo da parte di madre (sua madre era la minore delle figlie del Vecchio Tuc); e il Sig. Drogo era suo cugino di secondo grado. Quindi il Sig. Frodo è suo cugino di primo e secondo grado, in entrambi i sensi se mi seguite. E il Sig. Drogo risiedeva a Palazzo Botte con suo suocero, Gorbadoc, come al solito suo dopo il matrimonio (considerando che era particolarmente interessato alle scorpacciate, e che la tavola del vecchio Gorbadoc era sempre abbondantemente imbastita); e durante una delle traversate sul Fiume Bottevino lui e sua moglie finirono affocati, lasciando solo al mondo il povero Sig. Frodo ancora bambino."
    "Io ho sentito che andarono sull'acqua dopo cena al chiaro di luna," disse Vecchio Rovere; "e che fu il peso di Drogo ad affondare la barca."
    "Ed io ho sentito che fu lei a buttarcelo dentro, e lui se l'è tirata dietro," disse Sabbioso, il mugnaio di Hobbittà.
    "Non dovresti dar retta a tutto quello che senti, Sabbioso," disse il Compare, al quale non andava particolarmente a genio il mugnaio. "Non c'è ragione di parlare di spintoni e strattoni. Le barche sono già abbastanza insidiose per chi si limita a starci seduto senza andare in cerca di guai. Ad ogni modo: il Sig. Frodo rimase orfano e naufrago, come direste voi, tra quegli strani Lanbecchesi, cresciuto in un modo o nell'altro a Palazzo Becco. Una vera conigliera, non c'è che dire. Il Vecchio Mastro Gorbadoc non ha mai ospitato meno di un paio di centinaia di parenti in quel posto. Il Sig. Bilbo non fece mai gesto più caritatevole di quando portò il ragazzo a vivere di nuovo tra gente decorosa."
    "Ma riconosco che è stato un brutto colpo per quei Sacchini-Borsini. Pensavano che avrebbero ottenuto Fondo Borsa, quella volta in cui sparì e venne dato per morto. Ma ecco che ritorna e gli ordina di sloggiare; e tira a campare ancora per un bel po', e senza invecchiare di un giorno, benedetto lui! Ed improvvisamente tira fuori un erede, con tutte le carte in regola. I Sacchini-Borsini non vedranno mai l'interno di Fondo Borsa ormai, o almeno c'è da sperarlo."
    "C'è un bel gruzzolo di denaro nascosto lassù, ho sentito dire" disse uno straniero, un visitatore giunto per affari da Grande Sterro nel Quartiere Ovest. "Tutta la cima della vostra collina è piena di corridoi zeppi di forzieri d'oro e d'argento, e pietre preziose, a quanto ho sentito dire."
    "Allora avete sentito più di quanto possa dirvi io," rispose il Compare. "Non ne so niente di pietre preziose. Il Sig. Bilbo è generoso con il suo denaro, e non sembra che ne avverta la mancanza; ma non so nulla di gallerie scavate apposta. Vidi il Sig. Bilbo al suo ritorno, una cosa come sessanta anni fa, quando ero un giovanotto. Ero da poco apprendista del vecchio Foromo (il cugino di mio padre), ma mi aveva chiamato a Fondo Borsa per aiutarlo ad evitare che la folla calpestasse e scorrazzasse per tutto il giardino durante la vendita. Quando nel mezzo di tutto ciò ecco il Sig. Bilbo venire su per il Colle con un cavallino e dei grossi, grassi bagagli e un paio di forzieri. Non dubito che per lo più fossero pieni dei tesori che aveva accumulato in terre straniere, dove si trovano montagne d'oro, dicono; ma di sicuro non ce n'era abbastanza per riempire gallerie. Certo il mio ragazzo Sam ne saprà più di me. Va e viene da Fondo Borsa. Va matto per le storie dei vecchi tempi, e da retta a tutto quello che il Sig. Bilbo racconta. Il Sig. Bilbo gli ha imparato a leggere e scrivere – senza cattive intenzioni, badate bene, e spero anche senza ripercussioni.
    "Elfi e Draghi! Ci dico io. Cavoli e patate sono meglio per quelli come noi. Non immischiarti negli affari dei tuoi superiori, o finirai per cacciarti in guai più grandi di te, ci dico. E potrei dire lo stesso ad altri," aggiunse lanciando un'occhiata allo straniero e al mugnaio.
    Ma il Compare non aveva convinto il suo pubblico. La leggenda della ricchezza di Bilbo era ormai troppo ben salda nelle menti delle giovani generazioni di hobbit.
    "Ah, ma probabilmente avrà accumulato altro oltre a quello che si era portato la prima volta," ribattè il mugnaio, esprimendo il pensiero di molti. "Spesso sta lontano da casa. E guarda gli strani tipi che gli fanno visita: nani che vengono di notte, e quel vecchio prestigiatore vagabondo, Gandalf, e il tutto il resto. Puoi dire quello che vuoi, Compare, ma Fondo Borsa è un posto strano, e la gente che lo abita anche di più."
    "E tu puoi dire quello che vuoi riguardo argomenti di cui sai non più di quanto ne sappia sulle barche, Sig. Sabbioso," lo rimbeccò il Compare, disprezzando il mugnaio perfino più del solito. "Se quello vuol dire essere strani, allora dovremmo essere tutti un po' più strani da queste parti. C'è gente non molto lontano da qui che non offrirebbe una pinta di birra ad un amico, anche se vivesse in un buco con le pareti d'oro. Ma si fanno le cose per bene a Fondo Borsa. Il nostro Sam dice che tutti saranno invitati alla festa, e ci saranno regali, badate bene, regali per tutti - da qui a meno di un mese."

    Quello stesso mese era Settembre, il migliore che si potesse desiderare. Due o tre giorni dopo si sparse una voce (probabilmente avviata dal sempre informato Sam) riguardo dei fuochi d'artificio – fuochi d'artificio e, per di più, come non se ne vedeva nella Contea da quasi un secolo, anzi dalla morte del Vecchio Tuc. I giorni passavano e Il Giorno si avvicinava. Una sera un carro dall'aria sospetta carico di pacchi altrettanto sospetti rotolò fino ad Hobbittà e arrancò su per il Colle fino a Fondo Borsa. Gli hobbit intimoriti facevano capolino dagli spiragli luminosi delle porte di casa per sbirciare a bocca aperta. Era guidato da tipi bizzarri, intenti a cantare strane canzoni; nani con lunghe barbe e profondi cappucci. Alcuni di loro rimasero a Fondo Borsa. Al termine della seconda settimana di Settembre un carretto giunse attraverso Acquariva in pieno giorno, dalla via che portava al Ponte Bottevino. Un vecchio uomo lo guidava tutto solo. Indossava un alto cappello a punta blu, un lungo mantello grigio, e una sciarpa argentata. Aveva una lunga barba bianca e sopracciglia cespugliose che sporgevano oltre l'orlo del cappello. I piccoli bambini-hobbit inseguirono il carro attraverso tutta Hobbittà e poi dritti su per la collina. Portava un carico di fuochi d'artificio, come avevano ben intuito. Di fronte il portone di Bilbo il vecchio iniziò a scaricarli: c'erano grandi fasci di fuochi d'artificio di ogni tipo e forma, ognuno contrassegnato da una larga G rossa e la runa elfica, ....
    Quello era il marchio di Gandalf, ovviamente, e il vecchio uomo era Gandalf il Mago, la cui fama nella Contea era dovuta principalmente alla sua abilità con i fuochi d'artificio, i fumi e le luminarie. La sua vera occupazione era ben più complessa e pericolosa, ma la gente della Contea non ne sapeva nulla a riguardo. Per loro era solo una delle "attrazioni" della Festa. Da qui l'eccitazione dei bambini-hobbit. "G per Grande!" urlavano, e il vecchio sorrideva. Lo conoscevano di vista, nonostante apparisse occasionalmente ad Hobbittà e non si fermasse mai a lungo; ma né loro né altri se non i più vecchi tra gli anziani avevano assistito ad uno dei suoi spettacoli pirotecnici – che appartenevano ormai ad un passato leggendario.
    Quando il vecchio, aiutato da Bilbo e alcuni nani, ebbe finito di scaricare, Bilbo dispensò qualche spicciolo; ma non un singolo razzo o petardo partì con disappunto degli astanti.
    "Filate via adesso!" disse Gandalf. "Ne avrete a sazietà quando sarà il momento." Dopodichè sparì dentro con Bilbo, e il portone si richiuse. I giovani hobbit attesero per un po' davanti al portone ma invano, quindi se ne andarono, con la sensazione che il giorno della festa non sarebbe mai arrivato.

    Dentro Fondo Borsa, Bilbo e Gandalf erano seduti davanti la finestra aperta di una piccola camera che dava sul lato ovest del giardino. Il tardo pomeriggio era splendente e pacifico. I fiori brillavano rossi e dorati: bocche di leone, girasoli e nasturzi che si arrampicavano lungo tutte le soffici pareti erbose per sbirciare dalle finestre rotonde. "Com'è splendente il tuo giardino!" disse Gandalf.
    "Si," disse Bilbo. "Ci sono davvero affezionato, come al resto della cara e vecchia Contea; ma penso di aver bisogno di una vacanza."
    "Intendi andare avanti con il tuo piano allora?"
    "Si. Mi sono deciso mesi fa e non ho cambiato idea."
    "Molto bene. Meglio non parlarne oltre. Attieniti al tuo piano – tutto il tuo piano, ricorda – e spero che vada per il meglio, per te, e per tutti noi."
    "Lo spero. Ad ogni modo intendo divertirmi Giovedì, ed ho pronto uno scherzetto."
    "Mi domando chi riderà?" disse Gandalf, scuotendo la testa. "Staremo a vedere," disse Bilbo.

    Il giorno dopo altri carri arrancarono su per il Colle, e poi altri ancora. Avrebbero potuto esserci delle lamentele riguardo l'investimento sui "prodotti locali", ma quella stessa settimana ordinazioni iniziarono a riversarsi da Fondo Borsa per ogni tipo di fornitura, merce o lusso che si potesse ottenere ad Hobbittà, Acquariva o qualsiasi zona del quartiere. La gente fremeva; si iniziarono a spuntare i giorni sul calendario; e ad adocchiare con impazienza il postino nella speranza di un invito. Finalmente gli inviti iniziarono ad arrivare e l'ufficio postale di Hobbittà ne fu bloccato, mentre l'ufficio postale di Acquariva fu sommerso al punto che venne richiesto l'intervento di postini volontari. Tutt'insieme formavano una fila interminabile diretta alla cima del Colle, portando centinaia di cortesi variazioni di Grazie, non mancherò di presenziare. Un avviso apparve sul cancello di Fondo Borsa: VIETATO L'INGRESSO ECCETTO CHE PER AFFARI FESTIVI. Ma perfino quelli che si occupavano, o fingevano di occuparsi di affari festivi raramente erano ammessi all'interno. Bilbo era occupato: scriveva inviti, spuntava le risposte, impacchettava regali e lavorava ad alcuni preparativi privati per conto suo. Dai tempi dell'arrivo di Gandalf era rimasto nascosto al pubblico.
    Una mattina gli hobbit si svegliarono e scopririrono che lo spazioso campo a sud del portone di casa di Bilbo era stato ricoperto di corde e pali per tende e padiglioni. Un ingresso speciale era stato scavato nel terrapieno che conduceva alla strada, e lì erano stati costruiti ampi gradini ed un largo cancello bianco. Le tre famiglie hobbit di Via Borsotto, adiacente al campo, erano tanto curiose quanto invidiate dai più. Il vecchio Compare Bambace aveva perfino smesso di fingere di lavorare in giardino.
    I tendoni iniziarono ad essere issati. C'era un padiglione particolarmente vasto, così grande che l'albero che cresceva nel campo si trovava proprio al suo interno, e spiccava orgoglioso ad una delle estremità, a capo del tavolo principale. Lanterne erano appese a tutti i suoi rami. Ma c'era qualcosa di ancora più allettante (nei piani degli hobbit): un'enorme cucina a cielo aperto era stata montata nella parte nord del campo. Arrivò un plotone di cuochi da ogni locanda e osteria nel giro di miglia per supportare i nani e gli altri strambi tipi che alloggiati a Fondo Borsa. L'eccitazione era alle stelle.
    Poi il cielo si annuvolò. Era di Mercoledì, la vigilia della Festa. L'ansia era palpabile. Ma ecco che Giovedì, il 22 Settembre, si rasserenò. Il sole spuntò, le nuvole sparirono, si spiegarono le bandiere e si diede inizio al divertimento. Bilbo Borsini la definiva una festa, ma in realtà si poteva assistere ad una varietà di spettacoli in un colpo solo. Praticamente chiunque abitasse nei paragi era stato invitato. In pochi erano stati tralasciati per errore, ma dato che si presentarono ugualmente non aveva importanza. Furono invitate anche persone da altre parti della Contea; e c'era persino qualcuno che veniva da oltre i confini.

    Bilbo riceveva di persona gli ospiti (e gli imbucati) al nuovo cancello bianco. Dispensava regali a tutti quanti – anche a quelli che uscivano dal retro per ripresentarsi al cancello. Gli hobbit fanno regali agli altri il giorno del loro compleanno. Generalmente regali non molto costosi, ma neanche ricchi come in quell'occasione; non era un cattivo sistema. Considerando che ad Hobbittà e Acquariva ogni giorno dell'anno era il compleanno di qualcuno, ogni hobbit della zona con buona probabilità poteva ricevere almeno un regalo e almeno una volta a settimana. Ma non ne erano mai stufi. In quell'occasione i regali erano particolarmente buoni. Gli hobbitini erano così eccitati che per un po' si dimenticarono persino di mangiare. C'erano giocattoli come non ne avevano mai visti prima, tutti splendidi e alcuni ovviamente magici. Molti di loro in realtà erano stati ordinati un anno prima, e avevano dovuto fare tutta la strada dalla Montagna e dalla Valle, ed erano di vera foggia nanica. Quando ogni ospite fu accolto ed ebbe varcato il cancello, ci furono canzoni, danze, musica, giochi e, ovviamente, cibo e bevande. C'erano tre pasti ufficiali: pranzo, merenda, e cena (o zuppa). Pranzo e merenda furono contraddistinti principalmente dal fatto che inizialmente tutti gli invitati si sedettero per mangiare insieme. Ma più si andava avanti più si degenerava in una confusione di persone che mangiavano e bevevano – ininterrottamente dalle undici fino alle sei e trenta, quando iniziarono i fuochi d'artificio. I fuochi erano di Gandalf: non li aveva solo portati, ma anche progettati e realizzati; e gli effetti speciali, la disposizione e il lancio dei razzi erano sempre gestiti da lui. C'era anche una generosa dispensa di botti, mortaretti, petardi, stelle filanti, torce, candele-naniche, elfontane, scaccia-goblin e spacca-tuono. Erano tutti superbi. L'arte di Gandalf era migliorata con gli anni. C'erano razzi simili al volo di uccellini scintillanti che cantavano con voce melodiosa. C'erano verdi alberi dai tronchi di fumo scuro: le foglie che si aprivano come un'intera primavera che sboccia in un sol momento, mentre dai rami scintillanti cadevano fiori lucenti sugli hobbit attoniti, scomparendo con un dolce profumo poco prima di poterne sfiorare i volti rivolti al cielo. C'erano fontane di farfalle che volavano brillando tra gli alberi; colonne di fuochi colorati che s'innalzavano per trasformarsi in aquile, navi che salpavano, o falangi di cigni volanti; c'erano una tempesta rossa e uno scroscio di pioggia dorata; una foresta di lance argentate che schizzavano in aria con un grido, simili ad un esercito schierato, per poi tornare giù nell'Acqua con un sibilo come un centinaio di serpi arroventate. E ci fu anche una sorpresa finale in onore di Bilbo, la quale terrorizzò oltremodo gli hobbit com'era nei piani di Gandalf. Le luci si spensero. Un gran fumo venne su. Prese forma di una montagna vista da lontano, ed iniziò a fiammeggiare sulla sommità. Iniziò a zampillare fiamme verdi e scarlatte. Ne venne fuori un drago rosso-dorato in volo – non di dimensioni reali, ma terribilmente realistico: sputava fuoco dalle mascelle, gli occhi sfolgoranti; ci fu un ruggito, e sfrecciò per tre volte sulle teste della folla. Tutti quanti cercano riparo, e molti si buttarono faccia a terra. Il drago passò come un treno espresso, fece un salto mortale, e scoppiò su Acquariva con un'esplosione assordante. "E' il segnale per la zuppa!" disse Bilbo.


    Note di traduzione al primo capitolo


    1 orig. Baggins, reso con Borsini per richiamare l'idea di una "borsa" ma mantenere il suono acuto della "i".
    2 orig. Bag End, reso come da indicazioni di Tolkien affinchè indicasse il fondo di una borsa.
    3 orig. Hobbiton, formato da "hobbit"+"town", reso con "hobbit"+"città".
    4 orig. Hill, tradotto letteralmente con Colle.
    5 orig. Sackville-Bagginses, reso con Sacchini-Borsini per rendere la sfumatura comica che Tolkien intendeva dare al nome originale, ripetizione di "sacca" e "borsa" nello stesso nome.
    6 orig. tweens, gioco di parole tra "teen", "twenties" e "between", usato per indicare il periodo tra i venti e i trent'anni. Sarebbe da intendersi come l'età pre-pubere, ma ho deciso di renderlo come "ventino" per evitare il termine tecnico e sostituirlo con un vezzeggiativo.
    7 orig. Took, definito da Tolkien come nome privo di senso da adattare sonoramente alla lingua di traduzione.
    8 orig. Bywater, da intendersi come il paese che sorge sulle sponde dell'Acqua, il fiume principale della contea, da cui Acquariva.
    9 orig. Hamfast Gamgee, Hamfast indica una persona legata alla dimensione casalinga e probabilmente è composto da "home"+"fast", con l'idea forse di rievocare l'immagine di un fraccomodo abitudinario, da cui Casarolo. Gamgee viene indicato da Tolkien come nome non inglese, anticamente legato al "cotton-wool" ovvero la bambagia; tuttavia nel tempo la sfumatura di significato pare essersi persa e (suppone Tolkien) forse sarebbe meglio tradurlo per adattamento fonetico come per Tuc. Ho cercato di mantenere questa interessante sfumatura del "fraccomodo che vive nella bambagia" utilizzando il più arcaico Bambace.
    10 orig. Gaffer, da intendersi come anziano uomo rispettabile che si occupa di sorvegliare la comunità. Il termine "vegliardo" calza a pennello per la situazione ma ho preferito renderlo con un più rustico "compare" che, oltre ad esserne la traduzione diretta, assume una connotazione più rustica.
    11 orig. Holman, formato da "hole"+"man", da cui "foro"+"omo".
    12 orig. Bagshot Row, nome particolarmente arduo da tradurre, sta ad indicare la via formatasi in seguito agli scavi di Fondo Borsa, che causarono una frana sul fianco del Colle. Ho scelto Borsotto per mantenere l'associazione con Fondo Borsa ed indicare geograficamente la via posta al di sotto della stessa.
    13 orig. Old Noakes, antico nome inglese legato alla quercia, da cui Vecchio Rovere.
    14 orig. Brandybuck, formato da "brandy"+"buck"; Buck è da considerarsi come il capriolo o il maschio della capra, detto anche "becco". Ho scelto questo termine desueto per mantenere l'assonanza con "buck". "Brandy" dovrebbe essere il corrispettivo di "acquavite", ma risulta impossibile combinarlo con altri termini, dunque ho scelto "botte" per mantenere il legame col mondo degli alcolici ed accentuare l'assonanza tra "botte" e "vino" per il fiume Brandyvine.
    15 orig. Buckland, reso con Lanbecco, formato da "landa"+"becco".
    16 orig. Daddy Twofoot, reso letteralmente con Babbo Duepiedi.
    17 orig. Brandyvine, formato da "brandy"+"wine", reso con Bottevino.


    Edited by Manwë - 11/3/2020, 07:58
     
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    Eccoci qua con il pezzo da 90, i versi dell'Anello. Si tratta forse della poesia più celebre, nonchè la più iconica, per questo motivo ho impiegato un po' di tempo prima di ottenere dei risultati che mi soddisfacessero. Ne presento quattro versioni di cui sostanzialmente cambia poco tra le ultime due. Probabilmente preferisco la terza in quanto riesce a preservare ogni rima senza forzare troppo il testo. "Meste" mi suona meno scorretto di "funeste" nell'utilizzo che ne ho fatto, ma funesto rimane comunque l'aggettivo più azzeccato per indicare il fato degli uomini.

    Tolkien

    Versione 1

    Versione 2

    Versione 3

    «Three Rings for the Elven-kings under the sky,
    Seven for the Dwarf-lords in their halls of stone,
    Nine for Mortal Men doomed to die,
    One for the Dark Lord on his dark throne
    In the Land of Mordor where the Shadows lie.
    One Ring to rule them all, One Ring to find them,
    One Ring to bring them all, and in the darkness bind them,
    In the Land of Mordor where the Shadows lie.»

    «Tre Anelli ai Re Elfi sotto il cielo,
    Sette ai Sire Nani nell’aule di pietra,
    Nove agli Uomini Mortali condannati al triste velo,
    Uno per il Nero Sire nella reggia tetra
    Nella Terra di Mordor dove l’ombra si cela.
    Un Anello per domarli, Uno per trovarli,
    Un Anello per adunarli e all'oscurità incatenarli,
    Nella Terra di Mordor dove l’ombra si cela.»

    «Tre Anelli ai Re Elfi sotto il cielo celeste,
    Sette ai Sire Nani nell'aule di pietra,
    Nove agli Uomini Mortali dal fato funeste,
    Uno per il Nero Sire nella reggia tetra
    Nella Terra di Mordor che di ombre si veste.
    Un Anello per domarli, Uno per trovarli,
    Un Anello per adunarli e all'oscurità incatenarli
    Nella Terra di Mordor che di ombre si veste. »

    «Tre Anelli ai Re Elfi sotto il cielo celeste,
    Sette ai Sire Nani nell'aule di pietra,
    Nove agli Uomini Mortali dal fato meste,
    Uno per il Nero Sire nella reggia tetra
    Nella Terra di Mordor dall’ombre funeste.
    Un Anello per domarli, Uno per trovarli,
    Un Anello per adunarli e all'oscurità incatenarli
    Nella Terra di Mordor dall’ombre funeste.»


    Versione 4

    «Tre Anelli ai Re Elfi sotto il cielo celeste,
    Sette ai Sire Nani nell'aule di pietra,
    Nove agli Uomini Mortali dal fato meste,
    Uno per il Nero Sire nella reggia tetra
    Nella Terra di Mordor che di ombre si veste.
    Un Anello per domarli, Uno per trovarli,
    Un Anello per adunarli e all'oscurità incatenarli
    Nella Terra di Mordor che di ombre si veste.»
     
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